dal 1945 a sostegno degli imprenditori artigiani

Convocazione dei Delegati dei Consigli Prov.li Edili e Dipintori

Si ritiene opportuno convocare i Signori delegati dei Consigli Prov.li Edili  e Dipintori nella sede della Confartigianato Provinciale di Venezia (Marcon – via Lombardi 19 – tel. 041/4564511) per:
 
martedì 29 settembre  2015  ore 19,00
 
con il seguente ordine del giorno:
1. Comunicazioni delle Presidenze.
2. Situazione  sindacale nazionale –
3. Illustrazione dell’Accordo su Fondo Prevedi (fondo pensione complementare per i lavoratori delle imprese industriali ed artigiane edili ed affini).
4. Andamento delle iscrizioni e dei servizi erogati da  Edilcassa Veneto.
5. Varie ed eventuali.
 
Per quanto concerne il punto 3. avremo la presenza del nostro consulente provinciale del lavoro dott. Giorgio Chinellato,  mentre per il punto 4. ospiteremo il direttore di Edlcassa Veneto, Carlo Ferrari.
 
Si raccomanda la massima puntualità e partecipazione dei convocati, considerata l’importanza degli argomenti per la categoria.
 
————————————
 
Oggetto: restauro – conseguimento della qualifica professionale di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali.
 
Si informa che nello scorso mese di agosto scorso  è stato pubblicato il Bando pubblico per l’acquisizione della qualifica di Restauratore di beni culturali,  tecnico del restauro di beni culturali.
 
Le domande andranno inviate, entro le ore 12.00 del 30 ottobre 2015, esclusivamente per via telematica, a pena di esclusione, utilizzando la specifica applicazione informatica sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, MiBACT, tramite il portale https://ibox.beniculturali.it.
 
Si segnala che sono attive le parti dell’applicazione che consentono l’inserimento dei dati e dei documenti che compongono la domanda nelle sezioni titoli di studio, inquadramenti e attività di restauro: il modulo risultante, completo di quadro di sintesi e invio telematico, sarà rilasciato entro la data odierna.
 
E’ possibile richiedere supporto tecnico per la compilazione della domanda alla seguente mail: restauratori@beniculturali.it, mentre i chiarimenti in ordine al procedimento per acquisizione della qualifica possono essere richiesti a: urp@beniculturali.it.
 
Sullo stesso sito, man mano che ne venga ravvisata l’utilità , saranno pubblicate delle FAQ nella sezione Domande più frequenti degli Approfondimenti.
 
Di seguito una nota sulle procedure del bando.
Procedure, normativa e linee guida
 
Il Bando per Restauratore decreta l’iter di procedura, requisiti e modalità di partecipazione, l’espletamento delle diverse fasi previste dalla legge avverrà una tantum e non potrà essere ripetuto in futuro, stante la stessa natura transitoria della disciplina in esame, volta alla stabilizzazione di situazioni di fatto pregresse o quanto meno in fieri.
 
• le domande incomplete dei dati indicati come necessari nel modulo verranno considerate inammissibili ed archiviate (è bene controllare anche la validità dei documenti di identità);
• dopo la valutazione dei requisiti, nell’ipotesi in cui i requisiti minimi vengano ritenuti insussistenti, sarà inviato all’interessato il preavviso di rigetto della domanda volta al conseguimento della qualifica o all’ammissione alla prova di idoneità; l’interessato potrà presentare entro venti giorni le proprie osservazioni e controdeduzioni (resta esclusa la possibilità di presentare nuovi documenti, avendo disatteso l’onere di fornirli tempestivamente) sulla base di esse, e comunque decorso detto termine, verranno adottati i provvedimenti definitivi;
• l’elenco di Collaboratore Restauratore sarà reso pubblico dopo la chiusura del bando di Restauratore. Si può inserire i dati e compilare la domanda per Restauratore anche se non si è ricevuta conferma del titolo di Collaboratore Restauratore.
• e’ disponibile anche un indirizzo email del ministero per richiesta informazioni: restauratori@beniculturali.it;
• la qualifica di restauratore di beni culturali si acquisisce con riferimento al settore o ai settori specifici richiesti tra quelli indicati nella Sezione II dell’allegato B (comma 1). Pertanto, ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui al comma 1-bis, l’interessato dovrà indicare nella domanda il settore o i settori specifici in cui ritiene di aver maturato una adeguata competenza professionale;
Ne consegue che, una volta accertato il possesso dei requisiti previsti dall’articolo 182 (e dunque con il raggiungimento del punteggio minimo – di 300 punti – previsto dal comma 1-ter), al partecipante alla selezione ritenuto idoneo sarà riconosciuta la qualifica di restauratore di beni culturali la cui efficacia sarà comunque subordinata all’inserimento nei settori specifici di cui all’allegato B.
Per individuare le attività di restauro utili, la norma fa riferimento al profilo di competenza del restauratore di beni culturali, secondo quanto previsto nell’Allegato A del regolamento di cui al D.M. n. 86/2009. In specifico: B – Progettazione, e C – Intervento (progettazione ed esecuzione dell’intervento conservativo, di regola fortemente integrate tra loro, nel settore degli interventi su beni culturali mobili o superfici decorate dei beni architettonici).
 
Dimostrazione dell’attività svolta: è soltanto quella effettuata concretamente, di persona, dall’aspirante restauratore, e come tale verificabile e valutabile da parte dell’amministrazione preposta alla tutela.
 
La nuova formulazione ha eliminato la previsione sull’obbligo di rilasciare le attestazioni, cosicché nel sistema attuale il Ministero compirà le proprie valutazioni anche basandosi su eventuali attestazioni, ma riferendosi comunque al complesso della documentazione utile già disponibile negli archivi o comunque versata nella procedura dall’interessato.
 
Riguardo ai soggetti cui sono riferibili i documenti da valutare, vi sono anzitutto i responsabili del procedimento (i direttori regionali, i soprintendenti, oppure – per gli interventi eseguiti direttamente presso i relativi laboratori- i direttori dell’istituto centrale; ovvero, su delega di dette figure dirigenziali, i funzionari che hanno concretamente seguito i lavori in questione), o, negli appalti pubblici, i direttori dei lavori, i direttori tecnici, i rappresentanti legali dell’impresa appaltatrice.
 
Quanto alla prova che sia stata realmente effettuata un’attività di restauro con i connotati richiesti dalla legge:
• non potranno essere considerati utili lavori privi dell’autorizzazione rilasciata dall’organo di tutela;
• non potranno essere considerati utili lavori la cui corretta esecuzione non sia stata dichiarata dall’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori mediante rilascio del certificato e/o visto di buon esito per evitare che parte degli interessati siano penalizzati dalla mancanza della documentazione necessaria a comprovare il possesso del requisito.
• il caso di più agevole valutazione appare quello in cui l’interessato al riconoscimento della qualifica professionale era anche: titolare della ditta individuale che (quale aggiudicataria della gara o affidataria diretta a trattativa privata, ovvero subappaltatrice autorizzata – nel caso di lavori pubblici – oppure appaltatrice scelta dal proprietario privato dei beni) ha eseguito i lavori;
• oppure restauratori appartenenti a società, cooperative e consorzi di imprese individuali di restauro, soggetti in presenza dei quali si tratta di stabilire quale dei soci o dei restauratori consorziati avesse operato direttamente nei lavori affidati alla società o alla cooperativa o al consorzio. Caso analogo è quello in cui l’interessato figurava come direttore tecnico dell’impresa esecutrice.
Qualora la verifica del buon esito di interventi conservativi oggetto di dichiarazione da parte degli interessati non sia ancora stata effettuata o la relativa documentazione non sia reperibile, gli uffici dovranno provvedere tempestivamente ad effettuare la verifica mancante o la ricognizione della verifica effettuata a suo tempo, ed a formalizzare i relativi atti, non appena possibile e comunque in tempo utile per poter effettuare la valutazione del requisito.
 
La competenza ad effettuare verifiche o ricognizioni in ordine al buon esito degli interventi spetta all’organo che attualmente è preposto alla tutela del bene oggetto dei lavori, eventualmente previa acquisizione di atti e informazioni da parte dell’organo che era competente all’epoca dei lavori.
 
Il requisito in questione è ipotizzabile (fino a prova contraria) anche in presenza di contratti di lavoro subordinato o di contratti di collaborazione con l’impresa appaltatrice, in ogni caso aventi data certa ed anteriore (o quanto meno contestuale) al periodo cui l’attività si riferisce l’interessato dovrà documentare il rapporto di lavoro intercorso con l’impresa esecutrice
 
Posizione lavorativa: la posizione lavorativa andrà valutata sia in base ad una correlazione con le classificazioni della contrattazione collettiva per i lavoratori dipendenti delle imprese edili ed affini ed alle relative declaratorie di mansioni – categoria OS2 A – così come individuate nei contratti collettivi del 1995, del 2000, del 2004 e, da ultimo del 2008, sia anche con riferimento a contratti collettivi di diverso settore, riconducibili di volta in volta ad uno o più appalti di restauro.
 
Le classificazioni dal quarto al quinto livello vadano considerate utili ai fini della ricostruzione e del riconoscimento dell’attività lavorativa di restauro in fase di valutazione dei requisiti, con riconoscimento diretto nel caso di classificazione al quinto livello.
 
La qualifica/posizione lavorativa deve risultare dal libro matricola, dal contratto di lavoro o deve potersi evincere da altri atti di data certa dell’epoca di svolgimento dell’attività. Diversamente, dare spazio ad autocertificazioni degli interessati o a dichiarazioni postume delle imprese ai fini del conseguimento della qualifica di restauratore contrasterebbe con la formulazione delle previsioni normative e comunque minerebbe alla radice l’attendibilità dei riconoscimenti. Ad esempio:
• in ordine alla titolarità della ditta appaltatrice dei lavori di restauro o alla posizione di direttore tecnico dell’impresa stessa: certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A., attestazione della SOA; atto contratto di appalto; verbale di consegna lavori; autorizzazione ad eseguire interventi di restauro su beni culturali di proprietà privata
• in ordine alla posizione lavorativa nei confronti dell’impresa: estratto del libro matricola, contratto di lavoro, contratto di collaborazione aventi data certa, dichiarazione del legale rappresentante dell’impresa in ordine al ruolo svolto dall’interessato quale dipendente o collaboratore autonomo, documenti inerenti gli aspetti di sicurezza (d.lgs. n. 81/2008);
• in generale: una relazione ispettiva, un ordine di servizio, un verbale di collaudo, un consuntivo tecnico-scientifico, in cui si faccia espressamente menzione dell’interessato come esecutore diretto dell’intervento (atto emanato dall’amministrazione); una comunicazione informativa sullo stato dei lavori, una richiesta di chiarimenti o istruzioni trasmesse dall’interessato (atto ricevuto dall’amministrazione); una pubblicazione, o qualsiasi altro documento assunto al protocollo della amministrazione pubblica competente, che dia conto dell’attività svolta dall’interessato (atto comunque di data certa e custodito).
 
Un altro profilo da chiarire concerne il numero dei soggetti ai quali, per uno stesso intervento conservativo, può essere riconosciuto il possesso del requisito dell’attività di restauro.
 
Il Ministero dovrà valutare la compatibilità del numero degli aspiranti in relazione alle caratteristiche dell’intervento; e, se del caso, limitare il riconoscimento (in questo caso, dando priorità al soggetto che risulti indicato dall’impresa come effettivo esecutore, o che rivesta nell’organizzazione dell’impresa una posizione superiore) .
 
In mancanza di un’espressa indicazione dei termini previsti per la consegna e l’ultimazione dei lavori, rinvenibile nel contratto di appalto o in altri atti adottati dall’Amministrazione, sarà compito del Ministero stabilire anche la durata presumibile del tipo di intervento svolto (considerandone in concreto la dimensione e la complessità). Analoga valutazione tecnico-discrezionale dovrà essere effettuata in presenza di ritardi nell’ultimazione dei lavori rispetto al termine stabilito (per impedire che il ritardo non giustificato da sopravvenute difficoltà determini, paradossalmente, una valutazione di maggiori requisiti).
 
Inammissibilità delle domande
 
Le domande che non contengano tutte le informazioni richieste nel modulo pubblicato con il bando delle procedure (in primis, quelle concernenti: bene culturale oggetto dell’intervento, periodo di esecuzione dell’intervento, tipologia dell’intervento, impresa appaltatrice dei lavori, posizione rivestita dall’interessato; nonché, se conosciuti, estremi dell’autorizzazione e della verifica di buon esito/collaudo) verranno dichiarate inammissibili dalle Amministrazioni competenti.
 
Riconoscimento requisiti a più soggetti: il possesso del requisito potrà essere riconosciuto a più di un soggetto, soltanto in presenza di affidamenti unitari di lavori concernenti insiemi di beni (di regola collezioni, ovvero compendi di arredi di un edificio) di tipologia e/o materiale diversi e quindi suscettibili di interventi conservativi significativamente differenziati; ovvero, in presenza di lavori di restauro che, ancorché concernenti beni omogenei, abbiano una consistenza quantitativa
 
Il riconoscimento del requisito potrà riguardare, a seconda dei casi: il titolare della ditta individuale oppure il socio della società, della cooperativa o del consorzio, oppure il direttore tecnico dell’impresa appaltatrice, oppure, laddove non risulti che una delle predette figure abbia assunto la responsabilità diretta dell’intervento conservativo (ed abbia chiesto il riconoscimento della relativa attività), un diverso soggetto il quale dimostri di aver avuto un rapporto lavorativo con l’impresa appaltatrice e che, in base alla qualifica/posizione lavorativa contrattualmente rivestita (come risultante dalla documentazione disponibile), possa ritenersi aver svolto “effettivamente” e “direttamente” l’attività di restauro. Infine il direttore tecnico dell’impresa appaltatrice, oppure, laddove non risulti che una delle predette figure abbia assunto la responsabilità diretta dell’intervento conservativo (ed abbia chiesto il riconoscimento della relativa attività), un diverso soggetto il quale dimostri di aver avuto un rapporto lavorativo con l’impresa appaltatrice e che, in base alla qualifica/posizione lavorativa contrattualmente rivestita (come risultante dalla documentazione disponibile), possa ritenersi aver svolto “effettivamente” e “direttamente” l’attività di restauro.
 
Per dirimere conflitti tra pretese inconciliabili (come quella tra due o più aspiranti restauratori, che rivendichino di aver svolto il medesimo intervento), potrà darsi rilevanza ad una dichiarazione del legale rappresentante dell’impresa stessa, che l’interessato dovrà trasmettere in allegato alla domanda.
 
Individuazione settori – nella domanda i candidati devono dichiarare i requisiti posseduti per i settori di attività. Il riconoscimento di competenze specifiche nei settori dell’attività di restauro si acquisiscono in base a: – titoli di studio (sez. I, tab. 1, allegato B Dlgs 42/2004) si ottiene l’iscrizione nella sezione specifica dell’elenco, con riferimento agli insegnamenti;
 
– posizioni di inquadramento (sez. I, tab. 2, allegato B del Dlgs 42/2004) relativamente a settori di competenza;
– esperienza professionale (sez. I, tab. 3, allegato B Dlgs 42/2004) iscrizione nell’elenco relativamente al settore di competenza cui si riferiscono le attività svolte in via prevalente
 
Punteggio in base all’attività di restauro svolta – in conformità alla normativa vigente (DPR 445/2000), qualità personali, stati e fatti che risultano attestati da certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione, possono essere dichiarati con autocertificazione. Da ciò deriva che diplomi, attestazioni o certificazioni rilasciati da enti pubblici, si possono autocertificare In tal caso, il candidato dovrà fornire tutte le indicazioni necessarie al fine dell’individuazione di tale documentazione, eventualmente allegando documenti utili. Comunque, l’attività di restauro deve risultare da «atti di data certa emanati, ricevuti o comunque custoditi dall’amministrazione» e “formati in occasione dell’affidamento dell’appalto, in corso d’opera o al momento della conclusione dell’appalto, ivi compresi atti concernenti l’organizzazione ed i rapporti di lavoro dell’impresa appaltatrice”.
 
La definizione di restauro di bene culturale è riportata negli artt. 2, 10 e nell’allegato A del Codice dei Beni culturali (D.Lgs. 22-1-2004 n. 42).
 
Restauro: si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l’intervento di miglioramento strutturale.
 
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