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Impianto agrivoltaico proposto tra Ca' Solaro e Bazzera. Martin: Lo sviluppo tecnologico deve reggersi su due pilastri: la sostenibilità ambientale e quella economica

29 Agosto 2024

“Lo sviluppo tecnologico deve reggersi su due pilastri: la sostenibilità ambientale e quella economica. Bisogna trovare il giusto compromesso considerando che non dovremmo più aumentare la nostra impronta ambientale che ormai ha raggiunto i 6 ettari a persona, senza prima non aver valutato tutte le opzioni possibili”. Ad intervenire nel dibattito pubblico nato attorno al progetto di impianto agrivoltaico proposto tra Ca' Solaro e Bazzera dalla Lightsource Rewable Energy Italy di 20 mila pannelli fotovoltaici su 18mila metri quadrati di campagna è il presidente della Confartigianato Imprese Città Metropolitana di Venezia Siro Martin che, già attenzionata anche la Regione sulla questione, avanza alcune proposte per offrire spunti e dati utili a trovare la migliore soluzione possibile. “Come associazione di categoria siamo direttamente coinvolti nelle iniziative socio economiche di rilievo sul territorio, ma ci interessa soprattutto una corretta analisi della questione. C’è una Legge Regionale, Veneto 2050, che è stata promulgata con lo scopo di limitare, fino ad azzerare entro il 2050, l’ulteriore consumo di suolo nella nostra regione. Una legge che, come Confartigianato, abbiamo non solo auspicato ma accompagnato alla sua approvazione con indagini, dati e proposte che ora riteniamo possano essere utili anche ragionare sulla questione”, prosegue Martin.
Nell’area metropolitana di Venezia, secondo uno studio commissionato a Smart Land, sono stimati ben 1.432 capannoni dismessi. “Riutilizzandoli come strutture per la produzione di energia elettrica”, è una delle ipotesi proposte da Martin, sui loro 2,9 milioni di metri quadrati di tetti, si potrebbero installare 305 MW di potenza con una produzione di 296 GWh, più che raddoppiando dunque l’attuale capacità produttiva fotovoltaica della provincia di Venezia che (report statistico GSE 2022) rileva installati in provincia 28.990 impianti per una potenza di 277 MW ed una produzione pari a 269,1 GWh. Una seconda possibilità, sempre analizzando i dati di Smart Land sui beni immobili pubblici rileva che sui 718 immobili presenti nell'area Metropolitana 618 di questi sarebbero utilizzabili, con la disponibilità di una superficie di oltre 310mila metri quadrati. “In un progetto importante nei numeri come quello proposto a nostro avviso non si può non considerare che almeno una parte dei pannelli previsti sia sistemata sui tetti dei capannoni non utilizzati o sulle aree recuperate abbattendo quelli dismessi o fatiscenti, occupando quindi aree già antropizzate e dove esistono anche i sottoservizi utili al trasporto e al dispacciamento dell’energia prodotta. Si potrebbero anche utilizzare le aree che urbanisticamente hanno già una destinazione d’uso artigianale/industriale/commerciale, ma non ancora edificate. Lo stesso ragionamento si può fare poi per i tetti dei beni pubblici dismessi, come caserme o vecchi ospedali, oppure utilizzare terreni destinati alla coltura, ma individuandoli nelle aree di vecchi allevamenti ormai abbandonati”. E stiamo parlando di situazioni presenti in tutto il nostro territorio Metropolitano: Veneto Orientale, Riviera del Brenta, Chioggia e anche nel comune di Venezia. “Sfruttandole, oltre a non sprecare territorio vergine, gli si darebbe nuova vita economica a questi siti, senza sprecare altro territorio. Inoltre – conclude Martin - la costruzione di impianti di piccola e media dimensione garantirebbe lavoro alle nostre imprese artigiane e, visto che con ogni probabilità i pannelli fotovoltaici rischiano di essere di produzione extra UE, crediamo sia doveroso prevedere che almeno una parte dell’investimento debba aver ricadute dirette sul territorio che si intende sfruttare. Diversamente ne beneficeranno solo le grandi imprese e multinazionali che poi con il nostro territorio hanno ben poco da spartire. In un’ottica più ampia di risparmio energetico e difesa dell’ambiente infine, come organizzazione riteniamo che la Regione debba cogliere l’occasione per agevolare il più possibile la nascita delle Comunità Energetiche Rinnovabili, che renderebbero più efficaci e vantaggiosi gli impianti di media dimensione rispetto ai grandi impianti. Solo nel caso che nulla di tutto ciò sia possibile da realizzare o insufficiente, avendo comunque bisogno delle energie rinnovabili, si proceda con la realizzazione dei parchi agrivoltaici su terreni vergini, altrimenti saremmo davanti ad una soluzione teoricamente ecologica ma territorialmente molto impattante”.

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