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L'allarme di Confartigianato Imprese, crisi della manodopera non si trova un operaio su due

14 Febbraio 2025

Continua drammaticamente a crescere la difficoltà delle piccole e medie imprese veneziane nel reperire personale operativo qualificato; nell'anno appena concluso all'appello sono mancati, per difficoltà di reperimento, un lavoratore su 2. Un dato pesante, che tradotto in cifre diventa ancora più significativo: su 69.270 figure professionali cercate l'anno scorso dalle nostre micro, piccole e medie imprese, per coprire 34.977 posti ci sono state grandi difficoltà. E questo, nonostante oggi gli stipendi per un lavoratore specializzato non sono bassi, anzi, proprio per la difficoltà di reperire mano d'opera spesso la busta paga base viene rinforzata per rendere più appetibile possibile il posto di lavoro. “Il ricambio generazionale è uno dei temi più complessi e urgenti da affrontare – stigmatizza il presidente della Confartigianato Imprese Città Metropolitana di Venezia Siro Martin -. La questione non è tanto quella della mancanza di personale di per se', che è già pesante, ma anche della scarsa professionalità di chi si presenta come specializzato quando non lo è, e non ha nemmeno gran voglia di intraprendere un percorso di formazione adeguato. Un problema che si lega anche alle difficoltà del cambio generazionale ai vertici dell'impresa, mix che di fatto crea scenari abbastanza nebbiosi”. Sempre dai dati sviluppati dall'Ufficio Studi della Confartigianato Imprese Veneto su dati Unioncamere - Anpal Ecelsior, di anno in anno si va sempre peggio; se nel 2023 il difficile reperimento in provincia di Venezia riguardava il 49,3% dei posti da ricoprire, nell'anno successivo la percentuale è salita al 50,5% quindi di oltre un punto percentuale. “Da un lato c'è il calo demografico, dall'altro l'immigrazione che non riesce a dare risposte adeguate alle necessità del nostro sistema produttivo, anche perchè alla difficoltà della lingua e di convivenza tra diverse etnie e culture si somma una diversa filosofia del lavoro e colmare questo gap etnico culturale e professionale non sempre è possibile. E questo nonostante le imprese tendano, per necessità, ad abbassare dove possono la soglia di professionalità richiesta”. Insomma anche le aziende, pur di non restare senza lavoratori e quindi chiudere tendono ad assumere comunque “E questa necessità – prosegue Martin – inevitabilmente abbassa la qualità del lavoro possibile, impoverisce il risultato finale e ci leva competitività, mentre spesso i costi finali tendono a salire. Un'emergenza, quella che si registra in provincia che di fatto è nazionale, ed andrebbe affrontata in un’ottica di politica economico-sociale e sociologica, a partire dall'inadeguatezza dei percorsi scolastici rispetto al mondo del lavoro e alla bassissima propensione al sacrificio, anche davanti a stipendi e orari di lavoro allettanti”.

 

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